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Intanto esco e diluvia. Babbeh!
Riesco a raggiungere la fermata dell’autobus senza ammazzarmi, schivando i rametti d’albero appoltigliati nelle pozzanghere sapientemente sparpagliate sul sentierino di porfido.
Il bus arriva con sommesso ritardo. Babbeh!
Inizia il sonnacchioso tragitto che mi porta in prossimità dei primi insediamenti umani al di fuori della foresta.
Sembra tutto normale, sto osservando il mondo umidiccio al di fuori del finestrino appannato quando all’improvviso vengo sbalzata in avanti e sento uno *sbang* non indifferente. Io e gli altri -pochi- passeggeri, ci scambiamo occhiate perplesse. L’autista si affaccia dal cubicolo con faccino sconsolato. Abbiamo urtato una macchina, dice. Ecco, sarebbe più corretto dire che l’abbiamo (anzi, l’hai!) centrata in pieno ed ora è più corta di parecchi centimetri. Morale: tutti giù.

Mi dileguo prima che mi venga chiesto di fermarmi a far da testimone (già dato, grazie: mesi fa, quasi nello stesso punto, specchietto divelto e tanti saluti). Attraverso l’incrocio giusto in tempo per vedermi passare sotto la sciarpa l’altro autobus che mi serviva. Babbeh! Aspettiamone un altro, suvvia.

Eccolo che arriva, eccolo che non rallenta in prossimità del fossato coi coccodrilli a fianco del marciapiede. *splash* Io ed un’altra innocente studentella ci guardiamo a vicenda le scarpette fradice e all’unisono ci uniamo in un coro di complimenti al conducente burlone. Te possino!
Arrivo incolume ma nervosetta alla fermata dell’ultimo autobus che di solito è di quelli doppi, ma oggi no, è singolo, quindi stipato all’inverosimile di gente, borse ed ombrelli. Giunta a destinazione mi affloscio sulla sedia, pronta ad affrontare dieci simpaticissime ore di lavoro.
Inizio a sentire freschino, poi freddo, infine perdo la sensibilità degli arti. Mi alzo, allungo timidamente una manina per scongiurare i miei timori: invece tiè, calorifero gelido! *sob*
Quanto vorrei una bella cioccolata calda e qualcuno che mi faccia pat pat sulla testolina, o perlomeno che mi si asciughino i jeans!!!
Babbeh!

zzzzz____by_kalmia
© Kalmia

2 commenti

  1. ah, cara amica, come ti capisco:
    quando esci dall’ufficio trafelato e di corsa e non si alza la sbarra del parcheggio aziendale;
    quando a metà tragitto si mette a piovere e focalizzi di aver dimenticato l’ombrello nel portaombrelli vicino alla scrivania;
    quando finalmente dopo 1 oretta trovi l’unico microscopico parcheggio (lontano km dal posto in cui devi andare) e scopri che è a pagamento e non hai il gratta e sosta del colore giusto;
    quando cammini sotto la pioggia marzomilanese cercando un tabaccaio/edicola che venda i fantomatici grattini del colore giusto;
    quando trovi la tabaccheria, entri zuppa di pioggia e il gestore, sbuffando, replica: “non vendo gratta e sosta”…..
    ecco, io non dico mai Babbeh!

    mi sa che dovrai darmi lezione di filosofia zen :-)))
    a parte tutto, come stai? un bacione… cassandra

    • L’antica e sacra disciplina del Babbeh: non sempre funziona (anzi, è piuttosto raro invece) ma se lo fa son soddisfazioni. 🙂
      Quando la gente mi domandava stupita come mai non avessi la patente rispondevo che non volevo guidare per paura di sfracellarmi con la macchina: adesso che faccio gli incidenti anche con l’autobus mi rendo conto che non sarei più credibile.
      Diciamo che sto benino dai, spero che stress da gratta&sosta a parte anche tu te la stia cavando.
      A presto!

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Ally Leeliah

Scrivo della mia città, dei libri che leggo, dei film il cui finale mi delude, di blog e videogiochi, di piante e mercatini, del mio parco preferito dove vado a passeggiare e fotografare o schiarirmi le idee, delle mie tribolazioni. Benvenuti!

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