Primi passi (2° edizione)

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Nessuno di noi ricorda l’emozione dei primi passi, quando finalmente si smette di gattonare e si conquista la posizione eretta, camminando un po’ a papera tra l’entusiasmo e la commozione generale.
Pur non avendo parenti con gli occhi lucidi che fanno ooohhh e mi tendono le manine, sto effettivamente imparando a camminare. Di nuovo. Se sembra divertente, non lo è. Cerco solo di non trovarlo del tutto orrendo perché *devo*.

Volare ooooh, rompersi un piede o-o-o-oh

Forse non era proprio doveroso scrivere un post dedicato esclusivamente a queste settimane trascorse con una gamba ingessata perché quel malandrino di un calcagno...

Due settimane fa sono tornata in ospedale: appena mi hanno tolto il gesso il dolore è tornato intenso e prepotente, tanto da non riuscire a muovere la caviglia o sollevare minimamente il piede. Non me l’aspettavo e ci sono rimasta malissimo. Assistere mentre il gesso veniva spezzato in due con una sega era già stato un momento spaventoso: realizzare che le mie previsioni di camminare entro pochi giorni erano puramente utopistiche è stato avvilente. Non mi sono crogiolata troppo in quel pantano di auto-commiserazione però e mi dico brava da sola.
Considerate che la frattura (e l’immobilità che ne consegue) si aggiunge ad una lista di altri problemi di salute precedenti che non sono magicamente svaniti solo perché mi sono rotta un piede e quindi ho continuato a doverli affrontare giorno per giorno, come facevo prima, ma senza potermi muovere autonomamente. Tipo quando decidi di aumentare il livello di difficoltà in un videogioco, per il brivido della sfida. Solo che io non avevo scelto, ecco.

Nel giro di poche ore il piede ha rivelato tutti i traumi post-gesso: lividi neri sui malleoli, gonfiore dovuto alla distorsione, pelle lacerata sul collo, colore verdognolo un po’ ovunque.
Per i primi giorni non ho potuto fare molto altro che muovere un po’ le dita, sempre sentendo un dolore pazzesco mentre legamenti, tendini e muscoli si riadattavano alla non-costrizione dopo un mese.

Pexels

All’ospedale mi han mandata via “libera” così (per lo sgomento della mia fisioterapista), ma ancora adesso porto una fasciatura per la quasi totalità del giorno e sempre durante la notte: la tolgo solo per far respirare un po’ la pelle, massaggiare i tessuti e fare gli esercizi di riabilitazione. Fisioterapia due volte a settimana ed ogni giorno la mia routine, sempre alzando l’asticella: prima solo rotazioni della caviglia, poi rafforzamento della gamba e da un paio di giorni i primi passi col deambulatore perché le stampelle sono ancora più pericolose che utili, ma ci dovrò per forza prender confidenza se voglio poter uscire di casa in un prossimo futuro.

Mi sono persa parecchi eventi a cui io e la fedele Canon avremmo tanto voluto partecipare: si stanno susseguendo giornate incredibilmente soleggiate e calde, quasi estive e -allergia stagionale in primis- non me le sto godendo. C’erano anche altre cose in ballo, progettini che implicano la capacità di muoversi con le proprie gambe, ma ho dovuto accantonare pure quelli.
Mi applico, ma sentire perennemente un dolore tale che sembra la caviglia si stia per spezzare non è facile, soprattutto se so perfettamente che non è evitabile e che bisogna continuare a sforzarsi perché è l’unico modo per riacquistare il dono del camminare.
Mi manca tantissimo: sogno tutte le notti che cammino, che faccio scalini in salita ma non in discesa (una paura in più da farmi passare, evviva), che mi stupisco di non sentire dolore. Poi capitano invece gli incubi in cui il dolore è insopportabile, in cui il piede mi si lacera e sanguina e si riempe di pustole schifosissime o in cui il gesso non viene via. Uff.

Pexels

Così eccoci qua, a procedere passo dopo passo, letteralmente. Intanto si appoggia solo l’avampiede perché il tallone non vuol ancora saperne: se provo a mettere il carico è come se il pavimento diventasse un puntaspilli. Anche qui, insistere e via, il dolore passerà e -spero prestissimo- potrò camminare senza che la differenza di pressione mi arrivi fino all’occhio offuscandomi la vista, senza che mi salga la nausea o arrivino altri fastidiosi effetti collaterali.
Un passetto alla volta, dai!

15 commenti

  1. Cavoli, mi son distratta un po’ con la primavera e tu già hai rimesso il piede per terra ?!!
    Immagino faccia malissimo, per non parlare di tutta quella parte della psiche che fatica a rimuovere il trauma e ti frena in ogni modo per paura che si ripeta.
    E’ un peccato che tu non ti stia godendo queste giornate di sole ma so che sei abbastanza in gamba da lavorare con tenacia per goderti le prossime, che sono pronte e ti aspettano, tutte in fila, da maggio ad ottobre.
    Vedrai che nel giro di poco tu e la tua Canon sarete di nuovo in pista !!
    Un abbraccio grandissimo

    • Sto facendo una gran fatica, lo devo proprio dire, è durissima la riabilitazione: certi giorni sembra andare meglio, poi il dolore torna peggio di prima. La cosa peggiore sono i commenti di chi non ci è mai passato e non ha la benché minima idea di cosa comporta e mi chiede robe assurde. 😡
      Anch’io ti mando un mega abbraccio!

    • Possibilmente senza che qualcuno mi canti pasito a pasito suave suavecito che sennò sbrocco sul serio qua! 😁

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Ally Leeliah

Scrivo della mia città, dei libri che leggo, dei film il cui finale mi delude, di blog e videogiochi, di piante e mercatini, del mio parco preferito dove vado a passeggiare e fotografare o schiarirmi le idee, delle mie tribolazioni. Benvenuti!

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