Lagadagnù, o quando manca una enne

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L’Inglese è una lingua meravigliosa. Anche quando viene storpiata.
Da qualche settimana non riesco a togliermi dalla testa la canzone dei Maroon 5, ma per qualche bizzarra ragione mi ostino a cantare sbagliato il ritornello che invece di essere I got the moves diventa un maccheronico e romanesco ‘A gatta mou.
E come non ricordare con affetto misto ad orrore la simpaticissima sedicenne fan appassionata dei Take That che nel college londinese si ostinava a cantare a squarciagola i successi dei suoi idoli regalandomi chicche del tipo lagadagnù, in origine un dignitosissimo the love that I knew.
Non che persone a me vicine siano immuni dagli strafalcioni, o che non lo sia io stessa: vai tu a spiegare alla commessa squinzia del pub che quando ho ordinato un toast intendevo “all’italiana” e desideravo ardentemente un panino, non del pane tostato, ma tanto lo stavo pronunciando sbagliato secondo lei (boh, in quanti modi si potrà dire toast?).
Un altro edificante episodio sempre avvenuto nella capitale albionica mi ha visto soccorrere appena in tempo un turista che stava imbucando una pila di cartoline nell’immondizia, convinto che la parola litter somigliasse troppo a lettera per non essere una cassetta della posta (avrei voluto fargli notare che in genere le cassette della posta sono rosse e non grigio scuro, ma ho preferito non infierire).
Per non parlare del momento di panico vissuto poche settimane fa sul lavoro quando Liny ha lanciato un disperato grido d’aiuto dall’ufficio adiacente “Ally, corri che la copertinatrice mi dà un messaggio strano”, io che mi scapicollo in suo soccorso e scrutando con sospetto il display dell’infernale aggeggio scopro che stava lampeggiando la scritta WAIT, ovvero mo’ aspetta che nun c’ho voja de lavora’, seguito da un promettente READY che comunque non è stato accolto con benevolenza dalla mia collega diffidente verso queste diavolerie che di punto in bianco smettono di comunicare in italiano.

Ultima perla, anche se non c’entra con l’inglese, ma è troppo succosa per non condividerla: una signora seduta ai tavolini esterni di un ristorante italiano ordina all’autoctono cameriere una specialità del nostro paese. La malcapitata -col suo spiccato accento francese- vuole assaggiare i panzerotti, e fin qui niente di male, peccato che dalla sua bocca esce un “panserottì” con l’accento sulla ì che scandalizza quel brav’uomo del cameriere che commenta “queste se magnano ‘e lumache, mo’ se stanno a magnà pure i uccelli”.
Finale della scena: io che respiro a singhiozzi sui sanpietrini incapace di trattenere la ridariola.

Viva l’italiano, viva l’inglese ma soprattutto viva i dialetti!!!

parole inglesi

4 commenti

    • Mia nonna andava forte con i plurali: i sacchetti di nylon li chiamava nylin, così come i camion diventavano camiin. Ancora oggi che lei non c’è più, a volte per ricordarla dico passami i “nylin”. 🙂

  1. …eeee…veramente…quel giorno…mi è preso un colpo quando non vedevo più le scritte in italiano sul display di quella macchina infernale…ho avuto paura di averla rotta! sarebbe stata una tragedia, e tu lo sai bene, anzi un …macello! ahahah

    • Direi un classico caso di macchine che si ribellano agli umani. 😉 D’altra parte, anche noi con ‘sti macelli guarda…

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Ally Leeliah

Scrivo della mia città, dei libri che leggo, dei film il cui finale mi delude, di blog e videogiochi, di piante e mercatini, del mio parco preferito dove vado a passeggiare e fotografare o schiarirmi le idee, delle mie tribolazioni. Benvenuti!

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