Non ho salvato il mondo né la cheerleader, ma oggi ho “sentito” il tempo, in un’anonima aula del comprensorio centrale dell’Università, durante un corso di formazione che mi vedeva partecipe, in prima fila, coi miei appunti, la mia bottiglietta di tisana, i miei occhiali da vista per decriptare quei puntini neri altrimenti indistinti che il proiettore sparava sulla parete di fronte.
Da uno dei finestroni posti a ridosso del soffitto è entrata all’improvviso più luce, anche se schermata dall’opacità del vetro e dalla sporcizia accumulata in anni di trascuratezza, mentre in contemporanea si avvicinava il trillo di un uccellino.
Ho percepito il calore, l’armonia, un inaspettato senso di appartenenza: ho capito di avere le capacità e soprattutto la forza per avvicinarmi a quello che desidero, come un normale ed annoiato impiegatino che dal suo cubicolo scopre di avere tra le mani il destino del mondo, ma prima ancora il proprio.