Assestamenti e transizioni

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In genere, dopo una transizione avviene un assestamento, invece a volte capita il contrario: certi assestamenti portano inevitabilmente ad una transizione.
Finisce la prima settimana lavorativa ed inizia la fase di analisi pre fine settimana, ovvero quel lavorìo mentale che tanto assomiglia al flusso di coscienza che mi ha fatto appassionare agli scritti di Virginia Woolf perché all’inizio non ci capisci niente e non riesci a seguire i ragionamenti che sembrano totalmente sconnessi tra loro, poi entri dentro la storia e ci entri con tutte le scarpe.

Se una certa persona di mia conoscenza domani mi dicesse “sai Ally, mi hanno offerto di passare un mese in Tasmania per una serie di conferenze, ti andrebbe di unirti?” io raccatterei le mie cosucce e chi s’è visto s’è visto, prenderei un mese di aspettativa e tanti saluti. Poi magari arrivo dall’altra parte del mondo e scopro che non è cambiato nulla, ma  ne dubito perché già il fatto solo di andarci in Tasmania porterebbe a dei cambiamenti, anche se non è detto che mollerei tutto per trasferirmi là alla fine.

Il fatto è che ho scoperto una cosa pericolosissima: guardo le persone per strada e provo troppo spesso invidia, non nel senso cattivo del termine, ma proprio vedo in loro qualcosa che vorrei mio, che poi è il vero significato della parola, etimologicamente parlando. In realtà questa invidia su cosa si basi non lo so bene nemmeno io, è un insieme di sinapsi pressoché indecifrabili e fastidiosamente ambigue che non so mai come collocare, pur sapendo che l’ordine a seconda del quale le metterei sarebbe fondamentale, tipo lo zero -anche lui parecchio subdolo- che se lo prendi da solo non vale niente, ma mettilo dopo un numero e vedi come cambia (specie nel conto in banca!).
Si dice che la pancia sia il secondo cervello, nel mio caso è il primo perché è sempre lei a segnalarmi se sono nel giusto o meno, e se sono nel meno capisco quanto l’ho combinata grossa dai crampi e dagli “strizzoni” che sembrano proprio dirmi “eh no, non ci siamo, sai!”.
È come attraversare la strada: guardi a destra, guardi a sinistra e cogli al volo il momento giusto per non rimetterci le penne (che poi se le macchine rispettassero un po’ di più le strisce pedonali non sarebbe una brutta cosa, ma questo aspetto esula dalla metafora quindi tralascio).

Allora ‘sta Tasmania???

tasmania: richmond bridge

8 commenti

  1. Avvertenze
    questo post è stato partorito durante un tragitto sull’autobus, potrebbe non avere senso, non leggere attentamente, può avere effetti indesiderati tipo mal di testa.

    • ma ma…posso venire anche io? eh eh…se mi dicessero vieni con me in Australia? altroché se ci vado!! non me lo faccio ripetere due volte!

    • Già, tu hai pure i parenti che ti ospitano che è una gran figata. Mi sa che è più probabile che io venga in Australia con te, piuttosto che tu in Tasmania con me… casomai poi già che ci siamo facciamo una capatina lì ed in Nuova Zelanda, giusto un posto a caso, ecco. 😉

    • A me capitava di farlo continuamente quand’ero a Londra, non so perché invece qui dove vivo non mi succede mai.

  2. proprio oggi pensavo a come mi sento. e sono in quello stato che dici tu, assestamento pre cambiamento. ho un’irrequietezza che di solito in me è preludio di qualcosa…cosa ancora non lo so

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Ally Leeliah

Scrivo della mia città, dei libri che leggo, dei film il cui finale mi delude, di blog e videogiochi, di piante e mercatini, del mio parco preferito dove vado a passeggiare e fotografare o schiarirmi le idee, delle mie tribolazioni. Benvenuti!

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