Siamo al giro di boa

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Sto per scrivere di un argomento molto delicato, che mi sta a cuore e mi tocca profondamente. Non sarà un post allegro ma nemmeno troppo “buio”, però di certo non lo definirei spensierato, per cui vedete voi se vi va di proseguire nella lettura oppure preferite lasciar stare. Non mi offendo. 🙂
Ho iniziato a scrivere su un blog privato all’inizio del 2005 e prima ho sempre scritto nei diari, fin dai tempi delle medie. Poi ho capito che mi era d’aiuto il pensiero che virtualmente qualcun altro oltre me avesse accesso a quello che scrivevo, era il fatto di condividere e tirar fuori i miei pensieri che mi alleggeriva la testa e magari leggere i commenti che qualcuno decideva di lasciare. Indi per cui parto col malloppone.

Siamo al giro di boa. Lo aspettavo, sapevo che prima o poi si sarebbe profilato all’orizzonte e gli sono andata incontro. Malvolentieri, ovviamente, ma consapevole.
Quando ricadi in un fosso da cui eri faticosamente riemerso, la sensazione che prevale è quella del fallimento, della sconfitta: ti senti piccolo, stupido e terribilmente limitato, diverso, alieno da tutti gli altri. Il senso di estraneità e di paura che aleggia tutt’intorno e ti sospende da te stesso è un qualcosa che credo possa veramente capire solo chi ci è passato e l’ha vissuto sulla propria pelle.
Quando ho avuto il primo attacco di panico pensavo fosse più “volgarmente” un calo di zuccheri dovuto alla stanchezza: ero in un locale a Londra, arrivata da poco, e riuscivo finalmente a mettere qualcosa sotto i denti per pranzo alle tre passate del pomeriggio. Non è entusiasmante scoprire di essere “un tipo ansioso” e quando ho capito di soffrire di attacchi di panico la prima reazione è stata “ma che sfiga!”. Il primo errore che si può compiere è quello di vergognarsene, di cercare di camuffare i sintomi per non far capire agli altri cosa ti sta veramente succedendo. È stata in quell’occasione che ho letteralmente falciato la mia cerchia di amicizie: molte persone che mi stavano vicino non hanno voluto accettare quella che era diventata la mia realtà, la mia lotta quotidiana contro quel mostro che mi divorava dentro, o più semplicemente non gliene poteva fregare di meno se stavo male e dichiaravo di aver bisogno di aiuto. Ho dovuto far piazza pulita e cercare di avere intorno invece qualcuno che comprendesse e fosse in grado di vedere me per come potenzialmente ero, oltre i limiti che quel terribile ed invalidante disturbo era riuscito ad impormi.
Ho iniziato una terapia, come fanno in molti, non volevo arrendermi, ero determinata a rimpossessarmi della mia vita. Volevo tornare ad essere in grado di fare quello che volevo fare senza essere dominata da quella paura. Ho avuto periodi in cui mi chiudevo a riccio e non permettevo a nessuno di avvicinarsi, mi sono molto arrabbiata con gli altri ma soprattutto con me stessa e ho combattuto. Ne sono uscita, è iniziato un periodo di rinascita, ho fatto cose che prima erano impensabili.
Ho sbagliato quando ho pensato che era finita. Avevo vinto mille battaglie e anche la guerra definitiva, secondo me. Non c’erano prigionieri. E invece non era così. Ieri, ma già la sera prima, l’ho avvertito che tornava a bussare e la mattina successiva ha quasi sfondato la porta. Dico quasi perché un minimo ho retto, quel tanto che è bastato per farmi alzare le chiappe e portarle al lavoro. Avessi dovuto affrontare la fine della giornata da sola probabilmente avrei ceduto, ma per fortuna quell’angelo della mia amica mi è rimasta vicino, e chiacchierando ho superato la fase più brutta.

Oggi sto bene, ieri ero un’altra persona, una persona che non vorrei essere mai: piccola e troppo vulnerabile, con una gigantesca ferita aperta sulla quale è fin troppo facile marciare. Ho capito che il segnale non va ignorato, come non l’ho ignorato anni fa. Non ne vado fiera ma devo ascoltarmi, non è la prima volta che dichiaro di sapere di essermi trascurata a lungo e quel tempo è diventato semplicemente troppo. Come quando scatta la sirena dell’anti-incendio e tutti si mobilitano correndo per mettersi in salvo: io avevo visto il fumo, niente, avevo visto le fiamme, ancora niente, ora mi tocca correre.
E allora corro.

Run
© Kevin Meredith

6 commenti

  1. Faccio un pò fatica a pensare di lasciare un commento dopo quello che ho letto, ma lo voglio fare, perchè capisco molto bene quello che provi.
    Leggendo il tuo blog devo dire che mi è capitato spesso di immedesimarmi in te, perchè stranamente sembra che abbiamo avuto percorsi almeno in parte simili.
    Sò molto bene di cosa stai parlando. Ho provato l’ansia, la paura, e la fatica di mettere tutto in discussione. Ho lavorato e ne sono uscita anche io.
    Ma ogni tanto anche a me capita di cadere nuovamente, e insieme alla caduta c’è una nuova paura, e anche un pò di rabbia, perchè dopo tanta fatica sentirsi risprofondare fa male, e fa cadere le braccia…
    Quindi non ho soluzioni da proporti perchè non ne ho trovate nemmeno per me (l’unica forse è una terapia di gruppo che vorrei iniziare a breve)… ma posso “virtualmente” starti accanto e farti sapere che ci sono altri che stanno combattendo una battaglia simile alla tua.
    Un forte abbraccio
    Ale

    • Anche a me capita di leggere qualcosa che mi risuona e vorrei dire la mia, ma mi sembra spesso di scrivere cose banali e superflue e molte volte lascio perdere. Invece non dovrei, per questo apprezzo molto che tu ti sia fermata a dirmi il tuo pensiero.
      Io proverò varie strade, penso di aver bisogno di affiancare un lavoro individuale più mirato a qualcosa di più condivisibile: so che esisteva un gruppo di sostegno nella mia città ma devo verificare che sia ancora attivo, sennò cercherò altrove.
      In effetti non è che esista una soluzione preconfezionata che funzioni a mo’ di bacchetta magica (credo andrebbe a ruba!), il trucco sta nel saperlo e nell’impegnarsi a rimanere determinati a volersi riconquistare la propria fetta di serenità. Questo auguro a me stessa e a te, con tutto il cuore.

  2. Penso non ci si debba mai vergognare di una cosa del genere. Diciamo che essere messi di fronte alle proprie debolezze è una cosa complessa da affrontare e, prima le si accetta, e più si ha la possibilità di superarle invitando anche gli altri a fare altrettanto, invitandoli ad aiutarci.
    La peggior paura è quella di aver paura e sapendolo non bisogna lasciarle la possibilità di sopraffarti, perché è della tua vita che si sta parlando e bisogna lottare per poterne avere sempre il controllo e la possibilità di diventare quello che si vuole…

    Tempo fa avevo deciso di iniziare un “corso” contro l’ansia e cercare un aiuto, qualcuno che mi potesse dare dei consigli… ho imparato molte cose che non sapevo, comportamenti che più perpetuavo e più peggioravano la situazione… ma soprattutto ho visto che c’erano persone che vivevano situazioni di vero disagio con cui mi sarei confrontata volentieri per superare insieme certi “blocchi”.

    Prenditi cura di te!

    • E’ che a volte si vorrebbe solo dire “sai cosa, sono stufa di lottare anche per la più piccola cosa”, si vorrebbe solo trovare un angolo di pace, invece bisogna guadagnarselo giorno per giorno.
      Credo sia utile confrontarsi con altre storie, altre realtà, perché ti offrono punti di vista diversi dal tuo e magari qualche consiglio da mettere in pratica, che può essere apparentemente semplicissimo ma non ci avevi mai pensato. Tutto ciò che scoprirò essere efficace sarà il benvenuto, ora inizia la ricerca.

      Grazie!!!

    • La consapevolezza non mi manca, credo, ma necessito di molta determinazione giunta a questo punto ormai. Grazie dell’augurio! 🙂

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Ally Leeliah

Scrivo della mia città, dei libri che leggo, dei film il cui finale mi delude, di blog e videogiochi, di piante e mercatini, del mio parco preferito dove vado a passeggiare e fotografare o schiarirmi le idee, delle mie tribolazioni. Benvenuti!

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